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Quello che faceva l'albero

  • Immagine del redattore: rictaranto
    rictaranto
  • 8 ott 2022
  • Tempo di lettura: 2 min





Dario non voleva andarci a scuola, si annoiava di dovere dare conto al maestro che pure apprezzava come persona, ma detestava come insegnante. Tutto perchè quell'anno durante i preparativi per la recita di Natale, decise che lui doveva fare l'albero. Luciano e Giorgia i più bravi della classe, avrebbero fatto il re e la regina, Carmelo e Paolo i cavalieri del Re, Flavia la narratrice della stroria, il resto dei compagni, improbabili comparse più o meno parlanti e lui, L'albero. Perchè? Si chiedeva. Cosa nascondeva quel ruolo particolare da osservatore silente, il suo volto riconoscibile a malapena dalla prima fila sotto il palco del teatrino. Finita la recita, tra gli applausi e un brindisi con l'aranciata, Dario, mentre si spogliava dal suo costume di scena, sentì qualcuno che diceva, “ ah guarda, quello che faceva l'albero”. Imbarazzato, tornò a casa senza dire una parola, assorto nel suo intento di comprendere il suo ruolo nella scena e in quel mondo che non lo riconosceva più come persona, ma lo etichettava con un ruolo col quale non si identificava. Semplicemente il maestro aveva trovato un ruolo qualsiasi per un bambino qualsiasi. Lui che ogni giorno si perdeva nella fantasia della sua incredibile mente, che lo vedeva astronauta, pirata, acrobata. Cominciò a pensare che fosse il suo unico rifugio alla solitudine, al non sentirsi apprezzato, a quanto soffriva per l'indifferenza dei suoi compagni che lo allontanavano solo perchè non lo capivano, perchè lui invece di giocare a calcio parlava con i cani, e ascoltava il rumore del mare. Allora decise che avrebbe sfruttato il suo essere “albero” come punto di osservazione per guardare gli altri e scrivere storie che avrebbero permesso, a chi volesse, di comprendere meglio il suo mondo.


 
 
 

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